L'essere umano è un "animale relazionale". Fin da
subito in relazione con gli altri esseri umani e, nel corso dello sviluppo,
inizia a COMUNICARE, cioè
a trasmettere intenzionalmente informazioni, pensieri, richieste, stati
d'animo. Il comunicare è dunque tanto radicato nella natura umana che raramente
ci soffermiamo a riflettere sul modo in cui utilizziamo tale strumento.
A volte lo facciamo, soprattutto quando il nostro
interlocutore ci risponde male o si chiude in silenzio. In questi casi ci
interroghiamo, tuttavia, su «cosa dire», mentre più raramente riflettiamo sul
«come dirlo».
Eppure la comunicazione è un fenomeno tanto connaturato
nella natura umana quanto complesso. E questo perché se da un lato
c'è una persona che trasmette un messaggio con determinate intenzioni
(chiedere, consolare, rassicurare, ferire, e mille altre), dall'altro c'è un
interlocutore che attribuisce i suoi significati al messaggio ricevuto.
Qual è allora il "segreto" di una comunicazione
efficace?
Che consenta cioè di essere compresi e di farsi comprendere?
(intendendo il verbo COMPRENDERE nel suo significato latino
di cum-prehendere , cioè includere, un capire che accoglie l'altro).
Il segreto è nell'impostare la comunicazione in modo EMPATICO.
In questo articolo cercherò di spiegare cosa si intende per
comunicazione empatica e di fornire delle indicazioni concrete sugli
atteggiamenti che non la facilitano e su quelli che, al contrario, rendono la
comunicazione efficace.
Cosa è l'Empatia? È la rispettosa comprensione di ciò che gli altri provano.
Significa intuire non solo le emozioni altrui, ma anche le motivazioni del
nostro interlocutore. Quando c’è un rapporto di empatia si prova direttamente
quello che prova l’altro.
Spesso invece di dare empatia noi tendiamo a dare consigli,
a rassicurare, a spiegare la nostra posizione e i nostri sentimenti. L’empatia,
invece, richiede di concentrare tutta la nostra attenzione sul messaggio
dell’altra persona.
Cosa
richiede?
1.L’ascolto
attivo, la presenza. E' importante tener presente che una cosa è l’ascolto
che sta nelle orecchie, altro è la comprensione. Occorre allora dare agli altri
la possibilità di esprimersi completamente prima di passare a cercare una
soluzione o ad offrire aiuto, altrimenti si corre il rischio di trasmettere il
messaggio di non essere interessati a quello che sta capitando loro.
2.Richiede
lo svuotare la mente. Quando ci relazioniamo con gli altri, l’empatia ha
luogo una volta che siamo riusciti a liberarci dalle idee preconcette e di
tutti i pregiudizi che abbiamo. Non possiamo cioè farci trascinare dalle nostre
reazioni al comportamento manifesto dell'altro, altrimenti rischiamo di
confondere le nostre emozioni con quelle che appartengono al nostro
interlocutore (iniziamo, ad esempio, a pensare che la situazione che l'altro ci
porta non è poi così critica, magari solo perché noi ci sentiamo in
grado di affrontarla).
3.Richiede
che si consideri l’altro nostro pari, non dal punto di vista
dell’intelligenza, del sapere o dell’esperienza, ma per il rispetto dei
sentimenti e delle emozioni che ci muovono tutti.
Che
cosa ci impedisce di essere empatici? Innanzitutto, la convinzione di dover aggiustare le situazioni
e di far star meglio gli altri ci impedisce di essere presenti. Siamo abituati
ad assumerci la responsabilità dei sentimenti degli altri e a ricevere i
messaggi in modo personale, invece di focalizzarci sull'elemento centrale: la comprensione.
Inoltre,
quando non riusciamo a dare empatia può essere un segnale del nostro bisogno di
riceverla: significa allora che abbiamo troppa fame di empatia per poterla dare
agli altri.
Cosa
non facilita, quindi, la comunicazione empatica?
•Dare
consigli: «penso che dovresti...», «come mai non hai fatto...»
•Cercare di tirare su. «questo per te potrebbe trasformarsi
in un’esperienza molto positiva»
•Consolare. «non
è stata colpa tua»
•Raccontare storie. «mi fa venire in mente quella
volta…»
•Zittire. «tirati
su!»
•Commiserare: «poverino»
•Interrogare «quando
è cominciato tutto questo?»
•Dare spiegazioni «ti
avrei voluto chiamare, ma...»
•Correggere «non
è così che è andata»
•L’uso di paragoni: «se fossi in te...»
•Negare le proprie responsabilità: «così mi fai
sentire in colpa!»
Cosa, invece, facilita empatica?
•Focalizzare l’attenzione su ciò che gli altri osservano,
sentono, desiderano, chiedono.
•Verificare la nostra comprensione: parafrasare e
dare all'altro la possibilità di correggerci.
•Porre le proprie considerazioni in forma di domanda.
•Fare attenzione a non esprimere critica o sarcasmo.
•Evitare un tono dichiarativo che spiega all'altro quello
che sta accadendo. Il tono usato deve essere quello di una persona che chiede
se ha capito.
In che modo impostare una
comunicazione affinché ci consenta
di trasmettere ed ottenere empatia?
In ogni scambio noi arriviamo ad ascoltare i nostri bisogni
e quelli degli altri.
Quattro sono le domande fondamentali da porsi per
assicurare una comunicazione empatica:
1.Che cosa vedo? Osserviamo
quello che sta avvenendo nella situazione. Occorre recuperare la capacità di
osservare senza alcun giudizio né valutazione.
2.Che cosa sento? In
che modo mi sento quando osservo questa azione?
3.Di che cosa ho bisogno? Che cosa
vogliamo dall'altra persona?
4.Che cosa ti chiedo?
5.Che cosa vede l’altro?
6.Che cosa sente?
7.Di cosa ha bisogno?
8.Che cosa mi chiede?
Tutto ciò può essere fatto senza dire una parola. L'essenza
della comunicazione empatica è, infatti, nella consapevolezza di tali
componenti, non nelle parole.
A cura di Sara Gentilesca
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