lunedì 8 luglio 2013

Felicità: missione possibile o impossibile

In teoria vi è una perfetta possibilità di felicità: credere all'indistruttibile in noi e non aspirare a raggiungerlo. 
(Franz Kafka)

A cura di Sara Gentilesca

Il tema della felicità da sempre appassiona scrittori, poeti, filosofi, psicologi, persone comuni, che hanno cercato di descrive le condizioni favorevoli e sfavorevoli al raggiungimento di tale stato.


Epicuro, ad esempio, classifica i piaceri dividendoli in tre grandi categorie:
· "Naturali e necessari", come: l'amicizia, la libertà, il riparo, il cibo, l'amore, il vestirsi, le cure ecc.
· "Naturali ma non necessari" come: l'abbondanza, il lusso, cibi raffinati ed in quantità oltre il necessario.
· "Non naturali e non necessari", come il successo, il potere, la gloria, la fama ecc.

Secondo Epicuro soddisfare piaceri naturali e necessari è fondamentale per la felicità. I piaceri naturali ma non necessari possono essere fonte di felicità se il procurarseli non determina un sacrificio eccessivo. I piaceri non naturali e non necessari, d’altra parte sono spesso fonte più di infelicità che di felicità. Epicuro ritiene, infatti, che l'uomo dovrebbe concentrarsi sul coltivare quegli aspetti connessi alla sua natura, quali l’amicizia, ed invita l'uomo a godere senza affanni di ciò che può procurarsi senza sforzo eccessivo, a vivere la vita stringendo salde e durature relazioni interpersonali.

Nel Disagio della Civiltà (1929) Freud analizza le cause dell'infelicità umana e i modi per porvi rimedio. Secondo il padre della psicoanalisi la civiltà provoca dei danni gravissimi all'individuo medesimo, in quanto obbliga l'uomo a inibire un numero considerevole di desideri e di pulsioni. (…). Freud spiega questo fatto dicendo che la società non può rinunciare all'energia dei suoi membri e deve quindi obbligare ognuno di essi ad investire, attraverso opportune sublimazioni, l'energia libidica in prestazioni di tipo sociale. Di conseguenza diminuirà l'energia di cui il singolo può disporre per soddisfare le proprie esigenze di un piacere personale. Questo non significa che Freud condanni la società senza appello; egli appare anzi comprensivo nei confronti delle situazioni che hanno portato le varie civiltà ad elaborare queste forme di repressione, in quanto per lui l'uomo è un essere malvagio, di cui una delle pulsioni più profonde è l'aggressività. Se all'uomo fosse permesso di dare libera espressione ai suoi istinti qualsiasi vincolo intersoggettivo verrebbe spezzato (fonte: http://www.homolaicus.com/teorici/freud/freud.htm).

Compiendo un salto e arrivando ai giorni nostri, possiamo citare Martin E. P. Seligman uno psicologo e saggista statunitense considerato il fondatore della psicologia positiva. La psicologia positiva parte dallo studio non degli aspetti patologici, ma da quelli fisiologici, positivi, le cosiddette “potenzialità e virtù” personali che, se messe a frutto e accresciute, possono dare un profondo senso di soddisfazione e di benessere a chi le impiega, così come a chi osserva dall’esterno. Una persona felice, infatti, apporta dei benefici non solo a se stessa, in termini di miglioramento dello stato di salute psicofisica, maggiore resistenza allo stress, migliore qualità delle relazioni, maggiore rendimento nello studio e nel lavoro, ma anche a chi la circonda e, in ultima analisi, all’intera società. Una volta individuate le potenzialità e le virtù che maggiormente ci contraddistinguono, tramite un test appositamente creato da Seligman, l’operatore passa ad insegnare una serie di esercizi realizzati dall’Autore, finalizzati ad incrementare i nostri livelli di felicità per il passato, il presente e il futuro. Gli esercizi sul passato sono orientati a migliorare le emozioni e le memorie passate, in particolare facendo leva sulla gratitudine, sul perdono e ridimensionando l’idea che il passato influenzi in modo deterministico il presente. Gli esercizi sul presente mirano a rendere più consapevoli dei piaceri contingenti, del qui e ora, mentre quelli relativi al futuro sono finalizzati a fare sviluppare in ogni individuo l’ottimismo, la speranza, la fiducia nel futuro, evitando di cadere nelle trappole delle preoccupazioni, del catastrofismo e delle generalizzazioni.
L’intero approccio si rifà al cognitivismo, che ha come assunto di base il fatto che il nostro pensiero influenza le emozioni e i comportamenti (fonte: http://www.armoniabenessere.it/articoli/felicita.html).

Chiediamoci dunque: "Da che cosa dipende la felicità?". Rispondere a tale quesito risulta ovviamente complesso e sicuramente non è un argomento che si possa ridurre in poche righe, pena il rischio di banalizzazioni e generalizzazioni. Possiamo tuttavia sottolineare quello che le ricerche sulla felicità mettono in luce: le caratteristiche maggiormente associate alla felicità sono quelle relative alla personalità e in particolare l'estroversione, la fiducia in se stessi, la sensazione di controllo su se stessi e il proprio futuro (D'Urso e Trentin , 1992).
Secondo Argyle e Lu (1990) la persona estroversa è più felice perché ha più rapporti sociali, fa amicizie più facilmente, partecipa ad un maggior numero di attività pubbliche e collettive dove trova maggiori motivi di interesse e divertimento. Inoltre, una persona felice è anche una persona che sta bene con se stessa e che ha fiducia nelle sue capacità e percepisce una fondamentale congruenza tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere. In sostanza, più le persone riescono ad accettarsi per quello che sono, con tutti i loro pregi e i loro limiti, più sono felici. Analogamente, quanto più una persona ritiene di poter ragionevolmente controllare gli eventi che gli accadono nella sua vita affettiva, sociale, lavorativa, più è felice, e in particolar modo, è più felice di chi si considera in balia del caso o degli altri (fonte: http://www.benessere.com/psicologia/emozioni/feli.htm)


Bibliografia
http://it.wikipedia.org/wiki/Felicit%C3%A0#Profilo_psicologico
Seligman M., La costruzione della felicità, Sperling & Kupfer, 2003
Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, 1929

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